La città di Mantova

Dai laghi di Mantova, Palazzo Ducale domina uno skyline che non si dimentica. A disegnarlo sono stati i Gonzaga, insieme ai più grandi artisti del tempo.

Il primo, il più corteggiato, fu Andrea Mantegna. Ludovico II, tra le altre opere, gli affida un affresco che celebri la sua dinastia. L’artista lavora alla “Camera degli Sposi”. Dopo nove anni, svela il capolavoro e inventa l’oculo più famoso dell’arte del Quattrocento.

A piedi, lentamente a Piazza Erbe c’è ancora il mercato. Palazzo della Ragione, Palazzo del Podestà, l’antichissima Rotonda di San Lorenzo ci portano a 900 anni fa, in piena età comunale. Dal tavolino dei bar si scruta l’orologio astronomico della Torre. In settembre, il vostro vicino potrebbe essere una star del “Festivaletteratura” che, da 20 anni, accoglie a Mantova scrittori da tutto il mondo, con centinaia di reading in cartellone tra piazze, teatri e palazzi.

A misura di Giganti

Palazzo Te è appena fuoriporta, ma sembra lontanissimo dai luoghi del potere. Era la villa dove Federico II Gonzaga si dedicava allo svago. Giulio Romano lo progettò affacciato sul verde e pieno di effetti speciali, intercettando sogni, ossessioni e amori di un committente dalla biografia magmatica. Oltre alle spettacolari stanze affrescate, come la “Sala dei Giganti”, da non perdere l’agenda di mostre di respiro internazionale.

Settecento, a Teatro

Se Mantova è unica, lo deve anche al suo stupefacente Teatro Scientifico Bibiena. Ha sbalordito Mozart padre («Mai vista sala più bella») e figlio, quando vi suonarono a pochi mesi dall’inaugurazione. Ancora più incredibile, l’architetto Antonio Galli Bibiena impiegò soltanto due anni, dal 1767 al 1769, per costruire e affrescare il piccolo capolavoro tardo-barocco, ora sede di concerti e incontri letterari.

La Corte dei sapori

Altro prezioso lascito rinascimentale è gastronomico. Direttamente dalla Corte dei Gonzaga arrivano i tortelli di zucca abbinati a mostarda e amaretti. Mentre per la torta elvezia, a base di pasta di mandorle e zabaione, il merito va ai pasticceri del Cantone dei Grigioni, immigrati a fine Settecento. Natali contadini invece per la sbrisolona, un mix di farine e mandorle. Da mangiare con le mani. Come insegna l’antica tradizione.

 

Fonte: in-lombardia.it

 

 

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